Le Varvuole: Leggende e Moniti nella Notte di Grado
Zef, il banditore, camminava lungo il lungomare, stringendo saldamente il tamburo fra le mani. La notte era oscura e fredda, senza una sola stella nel cielo. Era ormai passato più di un anno da quando le Varvuole avevano fatto la loro ultima apparizione, ma l'esperienza di Zef gli suggeriva che il loro ritorno era imminente. Le streghe malefiche si avvicinavano silenziose, giungendo dal mare su barche di vetro per rapire i bambini, trasformandoli in pirati al loro servizio. Almeno questo è quello che credevano in molti, ma Zef non aveva un'idea molto chiara sull'argomento. L'unica cosa che voleva era avvertire le persone per tempo, in modo che si mettessero al sicuro.
Il cuore di Zef batteva forte nel petto, e ogni passo lungo il lungomare sembrava pesante, caricato di un'angoscia profonda. Era consapevole del terrore che le Varvuole suscitavano e del terribile destino che attendeva i bambini rapiti. La sua missione di avvertire la popolazione era gravida di responsabilità, e il suono del tamburo rappresentava l'unico baluardo contro il male incombente.
Zef scrutava il mare calmo e ascoltava il silenzio che veniva da Grado, ormai quasi addormentato. Improvvisamente, quel silenzio fu rotto da raccapriccianti urla che giungevano dall'oscurità del mare. Zef non le vide subito, ma capì all'istante che le urla spaventose erano nient'altro che le Varvuole.
Non ci pensò un attimo e cominciò a menare sul tamburo più forte che poteva. Il suo compito era quello di avvisare la popolazione del pericolo imminente.
Maria, udendo il suono del tamburo, si alzò di scatto dal letto. Il cuore le martellava nel petto, e un freddo formicolio le corse lungo la schiena. Prese con mano tremante le teste d'aglio, sentendo l'odore pungente penetrare nelle narici. L'aglio le portava ricordi di tempi passati, quando sua nonna le raccontava storie di protezione contro le forze oscure. Mentre strofinava le porte e le finestre, i suoi movimenti erano rapidi e determinati, come se la sua volontà potesse tenere lontane le streghe. Poi prese l’acqua santa e iniziò a versarla negli angoli della casa per proteggere i suoi figli.
Nicola osservava sua madre indaffarata a proteggere la casa dalle streghe, ma il suo cuore era una danza di emozioni contrastanti. L'idea di vedere una Varvuole lo spaventava, ma una parte di lui desiderava anche conoscere il mistero e l'orrore che queste creature portavano con sé. Ogni volta che sua madre gli raccontava storie spaventose, sentiva la pelle d'oca e il cuore battere all'impazzata. Ma il fascino delle streghe era irresistibile, e la curiosità lo spingeva ad affacciarsi oltre la porta.
Fuori, le urla e i lamenti aumentavano sempre di più, e Nicola poteva percepire la tensione nell'aria. Il suono straziante delle grida gli faceva venire i brividi, ma la sua curiosità prevaleva sul timore. Sua madre teneva sua sorella tra le braccia, cercando di proteggerla, e i loro sguardi si incontrarono per un istante. In quegli occhi, Nicola poteva leggere la paura e l'amore di una madre che lottava per la sicurezza dei suoi figli.
La tentazione divenne irresistibile e Nicola, dimenticando ogni ammonimento materno, si precipitò verso la porta, mentre la madre tentava invano di raggiungerlo, sfiorandogli appena la veste. Il cuore gli batteva all'impazzata, e il respiro era affannoso. Sentiva l'adrenalina scorrere nelle vene mentre afferrava la maniglia, e il contatto freddo del metallo gli fece sobbalzare il cuore.
Quando spalancò la porta, vide la Varvuole lì, quasi in attesa, i suoi occhi vuoti divennero tizzoni ardenti, e la strega aprì la bocca fino a dimensioni surreali emettendo un urlo spaventoso che travolse Nicola, terrorizzato. L'urlo sembrava penetrare nelle sue ossa, scuotendolo fino al midollo. Il terrore si impossessò di lui, e ogni istinto lo spingeva a ritirarsi, ma era come paralizzato, incapace di muoversi.
Nicola si sentì vuoto, la sua curiosità si era trasformata in un peso nel cuore. Poi, all'improvviso, entrambi scomparvero nel buio, lasciando dietro di loro solo silenzio e disperazione. Le grida delle Varvuole erano svanite, ma la sensazione di perdita e rimorso era presente.
La madre piangeva disperata per la perdita del figlio, mentre la notte si avvolgeva ancora una volta nel silenzio più profondo. La minaccia delle Varvuole era stata scongiurata, ma il prezzo era stato alto.
La storia di Zef il banditore e delle Varvuole sarebbe rimasta a lungo nei cuori degli abitanti di Grado, un monito per non sottovalutare mai il pericolo che si nasconde nell'oscurità della notte, e un ricordo straziante delle scelte che possono cambiare per sempre le vite di chi amiamo.
Il 5 gennaio, nel cuore di Grado, si svolge la rievocazione di questa leggenda, dove il suono del tamburo risuona ancora, portando con sé il ricordo dell'avventura di Zef e il terrore delle Varvuole.
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