Bora e Tergesteo: La Leggenda del Vento e del Sangue

Trieste, città sospesa tra mare e pietra, porta nei suoi vicoli, tra le sue raffiche e le sue rocce, una storia antica quanto il mondo: la leggenda di Bora e Tergesteo, un amore nato nel soffio di un vento e inciso per sempre nel cuore del Carso.

Tanto tempo fa, quando i venti erano creature viventi guidate dal possente Vento, padre dei venti, Bora era la sua figlia prediletta. Con la sua bellezza impetuosa e il suo spirito indomito, Bora viaggiava al fianco del padre e dei fratelli, accarezzando monti e mari con il suo tocco vivace.

Un giorno giunsero su un altopiano verdeggiante che, come un balcone, si affacciava sul mare infinito. Bora, incantata da quella terra selvaggia, si allontanò dai suoi simili per giocare con le nuvole. Il suo cuore libero la condusse in una caverna nascosta tra le rocce, un luogo di mistero e magia.

Fu lì che lo vide: Tergesteo, un giovane argonauta. I suoi occhi erano specchi del mare, e il suo spirito sembrava sfidare le stesse leggi del mondo. Tra Bora e Tergesteo il tempo si fermò: il loro amore fu immediato, travolgente, eterno. Per sette giorni si amarono nella grotta, circondati solo dal canto delle onde e dal sussurro del vento.

 

Ma il padre Vento, resosi conto dell’assenza della sua amata figlia, si infuriò. Cercò Bora ovunque, solcando mari e cieli, finché non la trovò. La visione di sua figlia tra le braccia di un mortale lo fece impazzire di rabbia. Con la forza di mille tempeste, si scagliò su Tergesteo, gettandolo contro le pareti della grotta. Il giovane cadde, senza vita, il suo sangue tingendo la pietra.

Bora, spezzata dal dolore, si lasciò andare a un pianto disperato. Ogni sua lacrima, cadendo sull’altopiano, si trasformò in pietra, ricoprendo il verde con un manto grigio e aspro: il Carso era nato. Ma la tragedia non era ancora conclusa.

Madre Natura, toccata dalla struggente perdita, volle commemorare l’amore proibito. Fece nascere il sommacco, un arbusto il cui rosso ardente avrebbe per sempre ricordato il sangue versato da Tergesteo. Anche Mare e Onde vollero rendere omaggio: avvolsero il corpo del giovane in conchiglie e alghe, creando una collina sacra che gli uomini trasformarono in un castelliere. Quella collina, cresciuta e popolata, divenne una città: Tergeste, oggi conosciuta come Trieste, un nome che custodisce il ricordo dell’argonauta.

Bora, però, non volle mai lasciare la terra del suo amore. Vento, sconfitto dal dolore della figlia, partì senza di lei. Terra le concesse di restare, regina del Carso, mentre Cielo le permise di rivivere ogni anno i giorni della sua passione: sono quei momenti in cui la Bora soffia con tutta la sua forza, “chiara” quando il ricordo di Tergesteo la inebria d’amore, “scura” quando la nostalgia la strazia.

Così, ogni raffica della Bora è un grido, un canto, un lamento d’amore eterno. È il respiro di una leggenda che scorre nelle pietre del Carso, nelle vie di Trieste, nei cuori di chi sa ascoltare.

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